La stazione di Afragola funziona?

I treni in esercizio alla stazione Av di Afragola

Attualmente la stazione di Napoli Afragola è servita da 36 collegamenti ad alta velocità, destinati ad aumentare con l’orario invernale.
La stazione Reggio Emilia Mediopadana fu inaugurata l’8 giugno 2013 e l’indomani partì con sole 5 coppie (3 sulla direttrice Torino/Milano-Roma-Napoli/Salerno e 2 sulla tratta Milano-Ancona), contro le 16 previste e anche annunciate con toni trionfali nei comunicati stampa.
Anche ad Afragola i treni previsti prima dell’apertura erano di più (sicuramente 26 di Ntv, le cui fermate furono pubblicate sul sito già in aprile, come attestato da alcuni screen shots catturati da Amedeo Francesco Mosca e dal consigliere comunale Mauro Pecchia e pubblicati in un gruppo Facebook, mentre secondo le indiscrezioni trapelate, filtrate anche attraverso il Comune, quelli di Trenitalia avrebbero dovuto essere 24): sono stati presumibilmente ridotti proprio a causa dell’agguerrita campagna stampa che ha danneggiato l’immagine dell’impianto. Tuttavia, in questo caso, tutta la comunicazione ufficiale è stata diramata solo dopo le scelte definitive.
È presto perché Rfi confermi, ma allo stato sembra verosimile che i treni con l’orario invernale raddoppieranno, come ipotizzato già nella conferenza inaugurale e come l’utilizzo della stazione, intenso oltre ogni previsione e che sembra essere poco intaccato dalla campagna di disinformazione permanente in atto, sembra presagire.
A regime la stazione, come originariamente previsto, dovrebbe essere servita da una media di un treno ad alta velocità per ogni senso di marcia ogni mezz’ora, per un totale di circa 50 coppie e dunque 100 collegamenti al giorno. A questi si aggiungeranno i convogli operanti sulle linee storiche (si presume prevalentemente per il trasporto pubblico locale), per un totale di circa 300 relazioni giornaliere.

Cos’è e cosa sarà la stazione di Napoli Afragola

Quella denominata “Napoli Afragola”, situata (a dispetto della sua denominazione, non conforme agli usi ferroviari storicamente radicati e ancor più bizzarra se si considera che da tutte le parti si insiste col ribadire che non si tratta di una stazione a servizio di Napoli) nella città di Afragola, è una stazione di Rete ferroviaria italiana posta sul tronco comune della linea Ac/Av (alta capacità – alta velocità) Roma-Napoli e della linea Napoli-Salerno a monte del Vesuvio. Entro il 2022 costituirà anche il terminale ovest della linea Ac/Av Afragola-Foggia via Frasso Telesino, che consentirà di portare l’alta velocità a Bari, nonché il terminale di una variante della linea Eav (ex Circumvesuviana) Napoli-Baiano, e sarà collegata alle linee storiche Roma-Napoli via Cassino (la più antica, derivante dall’unione della linea Napoli-Capua del Regno di Napoli con la «strada ferrata da Roma al confine napolitano presso Ceprano» dello Stato pontificio) mediante la variante Cancello nonché al passante metropolitano di Napoli, e dunque alla Direttissima via Formia (l’altra linea storica che collega Napoli a Roma), attraverso un’apposita linea che si diramerà dalle stazioni di Quarto di Marano e Giugliano-Qualiano.

Presso l’impianto sono già operativi, dall’11 giugno 2017, 36 collegamenti ad alta velocità giornalieri, 18 di Trenitalia (Frecciarossa 1000, Frecciarossa e Frecciargento) e 18 di Nuovo trasporto viaggiatori (Italo), di cui 34 con doppia fermata Napoli Afragola e Napoli centrale e 2 che dopo Afragola proseguono per la linea a monte del Vesuvio senza passare per Napoli.

A regime la stazione di Napoli Afragola sarà direttamente interconnessa, oltre che con Napoli centrale e con Salerno, con tutti gli storici hubs ferroviari della Campania: Aversa, Cancello, Formia-Gaeta (che per ragioni storiche fa parte del compartimento di rete della Campania) e Villa Literno. E anche con Avellino, Frasso Telesino – Dugenta, Campobasso e Foggia. Inoltre, grazie all’ammagliamento delle reti, sarà interconnettibile senza soluzione di continuità con Nola, con la linea storica Napoli-Salerno (litoranea), con Benevento e con Taranto, garantendo collegamenti ad alta velocità con Bari in poco più di un’ora e ripristinando finalmente quel collegamento Adriatico-Tirreno la cui dismissione aveva di fatto creato una frattura tra le due sponde dell’ex Regno di Napoli, limitandone lo sviluppo poiché tutti i collegamenti di lungo raggio erano progettati in funzione sud-nord, privilegiando il nodo di Bologna per i passaggi tra le due dorsali ed escludendo le regioni interne, tant’è che per arrivare da Formia a Pescara la soluzione più comoda – si fa per dire – è tuttora arrivare nel cuore della Valpadana da ovest e tornare indietro a est, mentre l’Umbria è sostanzialmente isolata dalle tratte long haul, per non parlare della Basilicata.
Roma sarà raggiungibile da Afragola anche mediante le linee storiche, dunque i convogli del cosiddetto servizio universale, via Cancello-Cassino oppure via Villa Literno – Formia-Gaeta. Per gran parte dei collegamenti regolamentati (il trasporto pubblico locale e il cosiddetto servizio universale a lunga percorrenza) saranno disponibili almeno due opzioni, con attraversamento di territori e stazioni diverse, cosicché sarà possibile mettere in relazione reti attualmente non collegate e così portare finalmente a compimento il progetto di metropolitana regionale fortemente voluto dall’urbanista Ennio Cascetta e condiviso a livello politico da tutti gli schieramenti.
Con l’ammodernamento della rete per l’adeguamento agli standard dell’alta capacità, infine, la stazione consentirà di portare l’alta velocità in Calabria e, nell’ipotesi in cui si realizzi il ponte sullo Stretto, in Sicilia, ove è in corso di realizzazione la linea Ac/Av Palermo-Catania-Messina, la più ambiziosa opera ferroviaria mai realizzata nell’isola e il primo intervento strutturale nel settore degli ultimi cinquant’anni, almeno.
La stazione di Napoli Afragola costituirà dunque un punto di interscambio fondamentale in quanto crocevia di tutte le linee regionali e delle linee di penetrazione nelle regioni limitrofe. Sarà l’unica stazione della regione raggiungibile da tutte le altre e rappresenterà pertanto per il Mezzogiorno ciò che la stazione di Bologna rappresenta per la pianura padana. Il suo collegamento con la linea Eav Napoli-Baiano, con il passante ferroviario metropolitano di Napoli e con il trasporto pubblico di linea su gomma (già attivato il giorno stesso dell’apertura della stazione al servizio passeggeri), sui quali dedicheremo appositi articoli, ne faranno altresì un nodo di scambio intermodale, oltre che internodale, che non ha eguali in Italia, anche grazie all’amplissimo parcheggio di pertinenza diretta dell’impianto.

Stazione AV di Afragola: una storia che parte da lontano

Le principali tappe della prima fase del viaggio: 1991-2003

A leggere i giornali, sembra che prima del febbraio di quest’anno nessuno avesse mai sentito dire che dovesse sorgere una stazione dell’alta velocità ad Afragola. Se il grande pubblico è giustificato, per ovvie ragioni di economia dell’informazione, non altrettanto si può dire di chi, per mestiere, avrebbe dovuto informarlo e, dunque, anche rinfrescargli la memoria, cosa peraltro non particolarmente difficile se si pensa che gli archivi dei grandi quotidiani sono stati oramai tutti quasi interamente digitalizzati. Ci riferiamo non solo a quei giornalisti di lungo corso della cui malafede siamo certi (se non altro perché li conosciamo di persona, ci abbiamo lavorato gomito a gomito e sappiamo che non sono né stupidi né smemorati), ma anche ai nativi digitali che imperversano in Rete e che, spesso, fungono da più o meno consapevoli agenzie di informazione per i grandi media, in cui il lavoro giornalistico si è da tempo ridotto a cucina (che non è quella di Antonella Clerici), cut&paste e quant’altro si possa fare comodamente seduti al desk.

In realtà la storia della stazione Av di Afragola (che non è stata concepita come ‘sostitutiva’ del mai realizzato parco a tema, sul quale pure stiamo lavorando perché merita una trattazione separata) comincia nel lontano 1991, al termine di un lunghissimo dibattito che inizia quando molti di noi neanche erano nati. È perlomeno dagli anni ’70, infatti, che si parla del superamento delle famigerate stazioni di testa. Quelle stazioni, cioè, che hanno la particolarità di terminare con un respingente, o perché sono terminali di linea, come le stazioni Eav di Napoli Porta Nolana e di Montesanto e la stazione Rfi di Castellammare di Stabia, oppure perché si ritrovano al di fuori delle linee ferroviarie: è il caso di Milano centrale, Firenze Santa Maria novella e Napoli centrale, impianti che debbono essere raggiunti di proposito una volta iniziata la penetrazione nei rispettivi nodi urbani, con tempi di ingresso e uscita elevatissimi, che all’epoca risultavano ancor più elevati perché l’inversione di marcia comportava la sostituzione del locomotore. Nell’Ottocento, per non parlare di inizio Novecento, però, il fattore estetico (secondo i canoni del bello del tempo, ovviamente) era determinante, a costo di sacrificare la funzionalità e dunque i tempi (considerando, comunque, che il treno non era un mezzo particolarmente veloce e pertanto la perdita di venti minuti in una stazione era ampiamente tollerata), senza considerare che in una grande città realizzare una stazione di testa era decisamente più comodo in quanto era sufficiente collocarla ai margini dell’abitato, occupando solo una piccola parte di suolo per i binari della stazione e realizzando il collegamento con la linea alle spalle degli stessi, cioè in periferia o addirittura nel territorio di un altro comune.

A dire il vero a Napoli si ipotizzò la realizzazione di una stazione passante, al posto di quella di Napoli centrale, già nel 1939, con l’adozione del piano regolatore. La guerra indusse all’abbandono del progetto, che, quando ci si è posti il problema dell’alta velocità, non era più realizzabile a causa della massiccia urbanizzazione della zona alle spalle dell’impianto.

Era il 1981 quando la Sncf, Société anonyme nationale des chemins de fer français, lanciò il Tgv, train à grande vitesse. Non si tratta d’altro che di uno di quei materiali sarebbe divenuto noto in Italia come pendolino, con la differenza che, utilizzato sulla nuovissima linea ad alta capacità Parigi-Lione, un tracciato sostanzialmente rettilineo, comunque privo di pendenze e curve strette, rimaneva sorprendentemente stabile anche se spinto alla velocità, incredibile per quei tempi e impensabile in Italia, di 300 chilometri orari (già nel decennio precedente era stato testato sino alla soglia dei 320), offrendo al contempo il vantaggio di tenere la linea storica libera per potere essere utilizzata per i collegamenti tradizionali.
In Italia furono lanciati i pendolini, ma sulle linee già esistenti, con i risultati che molti di noi ricordano. Solamente tra Firenze e Roma era attiva una linea ad alta capacità, operativa sin dal 1992 (dopo oltre 15 anni dall’apertura della prima tratta e quasi 25 anni da quando ne era stata deliberata la costruzione). Fino a quando nel 1991 l’allora ente pubblico economico Ferrovie dello Stato (nato nel 1986 dalla trasformazione dell’Azienda autonoma delle ferrovie dello Stato del Ministero dei trasporti) stabilì autonomamente che dovessero essere realizzate le linee ad alta capacità Torino-Milano, Milano-Bologna, Bologna-Firenze, Roma-Napoli, Treviglio-Padova e Tortona-Genova e a tal fine costituì una società di scopo: la Treno alta velocità Spa (ecco perché nel gergo giornalistico è invalso l’uso della locuzione «la Tav» per indicare le linee ferroviarie ad alta capacità; siccome in questi anni abbiamo sentito spesso il concetto di stazione Av con quello di Tav), una società di cui l’Amministrazione tenne per sé il pacchetto di maggioranza relativa, costituito dal 45.5% delle azioni: il resto del capitale era detenuto da una cordata bancaria. Nel 1992, con la privatizzazione, Tav passò sotto il controllo di Ferrovie dello Stato società di trasporti e servizi per azioni (poi Fs holding Spa, poi Ferrovie dello Stato Spa e infine Ferrovie dello Stato italiane Spa, denominazione che ha assunto nel giugno 2011 e che mantiene tuttora), finché nel 1998 le banche decisero di uscire dalla compagine societaria e vendettero le loro azioni a Rfi.

L’obiettivo di Tav, che alla fine del 2010 è stata fusa per incorporazione in Rfi e quindi ha cessato di esistere, non era solo quello di realizzare le linee ad alta capacità, ma anche degli hubs, cioè delle stazioni di transito nodali, per evitare che i treni ad alta velocità dovessero penetrare nelle stazioni di testa, vanificando il tempo risparmiato durante la marcia e costringendo i convogli, oltretutto, a cambiare tensione con un brusco rallentamento a soli 60 chilometri orari per potere raggiungerle. Nel contempo si sarebbe separato il traffico ad alta velocità da tutto quello rimanente, con conseguenti vantaggi in termini di incremento potenziale dell’offerta, tempi di percorrenza (il traffico è separato in quanto distribuito sulle varie linee e pertanto non ci sono più problemi di precedenza tra treni di categoria diversa), sicurezza e quant’altro.

Gli studiosi si scervellarono, ma per Napoli non riuscirono a trovare una soluzione: la stazione di Napoli Piazza Garibaldi (quella sotterranea sotto Napoli centrale), non ingrandibile per forza di cose (ricordiamo che sulla sinistra confina con impianto separato dell’Eav, all’epoca Circumvesuviana, non interconnettibile a livello ferroviario in quanto a scartamento ridotto), era decisamente sottodimensionata per potere accogliere i treni ad alta velocità, senza considerare la concorrenza con i servizi locali, che certamente non potevano essere trasferiti nella stazione di testa al piano superiore (in particolare il servizio urbano espletato attraverso il cosiddetto passante ferroviario metropolitano, oggi metropolitana linea 2, che poi è parte della metropolitana regionale di bassoliniana memoria, la quale sfrutta le due linee storiche per Roma via Cassino e via Formia, nonché la litoranea per Salerno).
Una delle prime ipotesi formulate fu quella di collegare la nuova linea ad alta capacità alla stazione di Napoli centrale quasi direttamente, attraverso una serie di viadotti da realizzare a Volla subito dopo il bivio (nonché posto di comunicazione) Casoria, in località Cittadella, grossomodo dove ora sorge la stazione Eav di Volla (situata in realtà ad Arpino, frazione del comune di Casoria). Praticamente avrebbero sottratto una gran parte di territorio al già piccolo comune di Volla, soffocandone lo sviluppo, per risparmiare una manciata di minuti.

Con legge regionale 8 agosto 1993, nº 34 fu approvato il piano regionale dei trasporti della Campania, che prevedeva la localizzazione di una stazione dedicata all’alta velocità, al servizio dell’intera regione, Napoli compresa, fuori dall’area urbana di Napoli.
Con l’accordo procedimentale del 20 ottobre 1993 tra Ministero dell’ambiente, Ministero dei trasporti, Fs e Tav, tale impianto fu indicato come «stazione Campania – Afragola», cioè stazione della Campania del sistema Ac/Av, ubicata nel territorio di Afragola. A dire la verità nella prima valutazione d’impatto ambientale rilasciata, risalente al 1991, il Ministero dell’ambiente aveva già scritto «stazione Campania di Afragola» (cfr. pareri commissione Via nn. 31 del 17/06/1991 e 322 del 29/07/1999).
Nel 1996, e precisamente il 9 maggio, fu siglato un accordo quadro tra il Ministero dei trasporti, la Regione Campania, Fs e Tav che, a sorpresa, stabiliva che la stazione di riferimento dell’alta velocità della Campania dovesse essere realizzata in un territorio individuato al centro del comune di Afragola (la stazione si trova infatti nel centro geografico del territorio comunale, subito dopo il ponte dell’autostrada A1, appena perimetralmente al centro abitato). Grandissimo fu l’impegno dell’amministrazione comunale afragolese, all’epoca guidata da Pasquale Caccavale e che annoverava in giunta, come vicesindaco, un urbanista dell’Università di Napoli Federico II, Francesco Domenico Moccia, perché i patti venissero rispettati e quest’opportunità potesse costituire un volano di sviluppo per la città. Si cominciarono a incontrare, tuttavia, le prime resistenze: a cominciare da quelle del sindaco di Napoli, Antonio Bassolino, che, a dispetto delle sue origini afragolesi, affermò che fare la stazione dell’alta velocità ad Afragola era una scelta folle, in quanto troppo distante da Napoli, e si dichiarò favorevole rispetto all’opzione Volla, da lui supportata sin dalla prima ora. Questo provocò una frattura tra gli esponenti afragolesi da un lato e quelli partenopei e provinciali dall’altro della coalizione dell’Ulivo e in particolare del Partito democratico della sinistra, ma la politica afragolese decise di proseguire dritta per la sua strada.
La scelta fu ribadita nell’accordo sottoscritto dagli enti di cui sopra il 5 giugno 1996.
Il 1º ottobre 1997, nonostante le resistenze iniziali, il Comune di Napoli capitolò, siglando un accordo di programma con il Ministero dei trasporti e della navigazione, la Regione Campania, la Provincia di Napoli, Fs e Tav in cui accettava che la nuova stazione sulla linea Av fosse localizzata nel comune di Afragola, «in un’area sita a sud dell’asse mediano Pomigliano – Lago Patria, in prossimità del grande “quadrifoglio” degli svincoli tra lo stesso asse mediano e l’autostrada Milano-Napoli». Gli afragolesi non sciolsero però il nodo che si erano legati al dito per quello che veniva percepito come un tradimento – peraltro non il primo – da parte di Antonio Bassolino (che infatti avrebbero poi punito sonoramente alle elezioni regionali), ben consapevoli che la firma del sindaco di Napoli costituiva un atto dovuto, a valenza meramente ricognitiva. La stazione era difatti oramai già da tempo inserita nel piano regionale dei trasporti, in cui era previsto un nodo intermodale ferro-gomma di rilevanza regionale all’esterno della cintura urbana di Napoli, e che i regolamenti attuativi di tale piano avevano individuato quest’area al centro tra i comuni di Afragola, Acerra, Casoria, Casalnuovo e Caivano. Nell’accordo di programma si conferma per l’appunto la scelta di localizzare in Afragola quella che viene definita «la stazione di porta “Campania” dell’alta velocità».
Con la conferenza servizi indetta il 31 maggio 1999 e tenutasi il successivo 30 luglio a Roma, fu approvato il progetto delle opere necessarie al completamento dei lavori lungo la tratta Roma-Napoli, che, per quanto concerne la strada ferrata, erano già iniziati. A conclusione dei lavori viene approvato il progetto definitivo presentato da Italferr Spa, società di ingegneria del gruppo Fs.
Con la delibera giunta regionale 5020 del 5 agosto 1999 fu delegata la Provincia di Napoli all’attivazione dello «studio di identificazione della sistemazione urbanistica delle aree circostanti la stazione Campania», richiesto dal Ministero dell’ambiente quale condizione imprescindibile per il rilascio del proprio assenso al fine di «tutelare l’integrità di un ambiente che inevitabilmente sarà esposto a un impatto complesso e di elevatissime dimensioni». Tale studio è stato approvato nell’ottobre 2000, quando per la prima volta comparirà la dicitura «Napoli-Afragola» (col trattino), ma solo nel titolo indicato sul frontespizio: all’interno del testo l’impianto viene sempre indicato come «stazione Av Campania – Afragola» o simili. Si era deciso, infatti, di abbandonare i progetti precedenti, i cui plastici erano stati esposti presso la stazione di Napoli centrale e in giro per l’Italia, e di bandire un concorso internazionale di progettazione, rispetto al quale l’utilizzo del nome di Napoli avrebbe innalzato di molto le probabilità di attrarre professionisti di chiara fama. Nel 2003 la procedura comparativa, bandita da Tav Spa e alla quale avevano partecipato molti dei più celebri architetti d’Europa e non solo (i finalisti furono Giovanni di Domenico, Eisenman architects, Alberto Ferlenga, Khras arkitekter, Msgsss – Justo Solsona, Diaz del Bo, Oma – Rem Koolhaas, Dominique Perrault, Efisio Pitzalis, Luigi Snozzi e naturalmente Zaha Hadid architects), si concluse con la vittoria del prestigiosissimo studio di Zaha Hadid, cui andò il previsto premio di 200mila euro. Il resto è storia recente, densa di avvenimenti che meritano distinti resoconti.